giovedì 21 febbraio 2013

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Il 16 luglio 1950, nello stadio Maracanà di Rio de Janeiro, in Brasile, si giocava la finale della Coppa del Mondo di calcio, tra Brasile e Uruguay. Al sesto minuto del secondo tempo il Brasile fece goal. Tutta la città esplose a festeggiare, ma Obdulio Varela, imponente centromediano uruguaiano, mise a tacere i centocinquantamila tifosi urlanti dello stadio. Raggiunse la porta violata, prese il pallone in silenzio e lo strinse fra il braccio destro e il corpo. Si avviò verso il centrocampo e in silenzio, lentamente, mettendoci tre minuti, ritornò e posò la palla per ricominciare il gioco. E lì iniziò una partita entrata nella storia e nella leggenda, incredibile e fantastica.


In questo momento mi sento un po' come Varela, dopo la questione della laurea di Oscar Giannino, un errore che il nostro Presidente ha commesso e ammesso con grande umanità e sincerità, assumendosi fino in fondo la responsabilità di quella che a me sembra comunque una debolezza più degna di un sorriso che di un attacco.

Certamente una responsabilità forte verso tutti i militanti, i simpatizzanti, gli elettori anche di altro partito, ma una responsabilità a cui si è data adeguata soddisfazione, con moralità e velocità. Come dice Joe Biden, non conta quante volte cadi, ma quanto velocemente ti rialzi in piedi.

È questo il mio sentimento, quella di una responsabilità verso voi, verso chi come me crede in questo movimento, anche verso chi la pensa diversamente. Non è il problema del "pezzo di carta", ma ovviamente quello di essere spietatamente sinceri anche nel momento più impegnativo, quello in cui con grande maturità ammetti uno sbaglio. Questo abbiamo fatto, creando un rinnovamento velocissimo, molto trasparente e pulito.


Per coloro che hanno accarezzato l'idea di darci fiducia posso assicurare che il nuovo Presidente è veramente una persona capace di portarci al successo, Vi basti questo intervento al nostro antimeeting Le mie idee, in materia di quote rosa corrispondono alla perfezione con le sue: merito e non genere! " "Tieni questo posto ti spetta per il genere è come dire ad una donna torna in cucina" è tutt'altro che integrazione femminile: è pseudomacismo. Minuto 11 della registrazione. ...



Per ogni informazione o richiesta di chiarimento su questa vicenda, contattatemi via e-mail o per telefono (337 600 200). Anche se non è qualcosa alla mia portata, chiederò e mi informerò, fornendovi una risposta.



Io vorrei qui ringraziare tutti quelli che mi hanno letto, telefonato, spronato, confortato o criticato. È stato un dialogo interessante, un'esperienza a cui non avevo mai pensato e che mi ha insegnato molte cose, che spero di poter mettere a frutto successivamente e a vantaggio di tutti. Mi sono appassionato e credo fortemente in una nuova politica, nella possibilità di cambiamento, rinnovamento e coinvolgimento di tanti cittadini: solo così le cose potranno migliorare, e in questo senso tutto il mio augurio va a chi si impegna a favore di tutti. Solo così la partita che stiamo giocando potrà diventare leggenda.



Vi invito a entrare nella leggenda, a farla vivere, assieme con la speranza per un'Italia nuova: votate FARE.



A proposito, come finì? Un finimondo. Gli uruguaiani giocarono come furie, il pallone volava tra i loro piedi. Si arrivò al pareggio, le maglie azzurre della squadra del piccolo Uruguay erano ovunque e non si curavano affatto del gigante. Mancavano nove minuti al termine quando l'Uruguay segnò il gol della vittoria. Ringrazio Osvaldo Soriano per l'emozionante racconto, contenuto nel libro "Fùtbol", e poi per averlo rievocato con me.



Un grazie di cuore,

Alberto Schianchi

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